Dal 1629 al 1772 la disciplina interna dell’Alunnato e il modo di vita dei giovani chierici, per quanto riguardava la pietà e l’indirizzo degli studi fu sempre mantenuto costante da certe ”Regole stabilite in atto di visita da Monsignor Lazaro Carafino”, le Regole da lui appositamente dettate per il bene morale delle “tenere pianticelle” che dovevano crescere e sempre meglio prosperare in questo asilo di virtù e di sapienza per il bene futuro della sua vasta diocesi.
In quelle Regole parlava in separati capitoli della “Divozione”, della Confessione e Comunione, dell’Uffizio della Beata Vergine ed altre devozioni, dell’Orazione, della Messa, dell’Ubbidienza, della Modestia in casa e fuori di casa, della Polizia nel vestire, del Silenzio, dello Studio, dei Sermoni et Orazioni, del canto, della Ricreazione e di quello che fa bisogno per gli alunni.
” Regole stabilite in atto di visita da Monsignor Lazaro Carafino”.
Nel primo capitolo dimostrava come la devozione sia la base, il fondamento della vita spirituale e come essa sia non solo utile ma necessaria.
Nel secondo prescriveva una Confessione generale il giorno dell’ entrata in Collegio, poi raccomandava la Confessione e la Comunione almeno mensile e nelle feste del Signore e della Madonna, o più frequenti ancora, in conformità con la devozione di ciascuno o con il parere del padre spirituale. Dovevano recitare L’Ufficio della Madonna ogni giorno, e recitare la terza parte del Rosario, raccomandando di recitarlo tutto intero almeno una volta alla settimana. Veniva pure raccomandato che la sera facessero un pochetto di orazione mentale ad arbitrio del Superiore e l’esame di coscienza nel quale si doveva essere rigorosi ovvero non pronti a condonarsi gli errori commessi ma riconoscendoli e chiedendo aiuto al Signore.
Dai due capitoli “Dello Studio e Delli Sermoni et orazioni” si può conoscere quali fossero i programmi e i metodi scolastici di un tempo. In quello ”Dello studio” si legge tra l’altre cose: “Li chierici attenderanno con ogni diligenza a quei studi a’quali saranno da’ Superiori applicati. In Collegio siano tre scuole, od almeno tre classi, una di Grammatica, l’altra di Umanità e Retorica la terza. Nella Grammatica sarà carico de’ Maestri insegnare a’ figlioli le regole inferiori; nell’Umanità si proporranno latini da farsi elegantemente, epistole da comporsi, delle quali si daranno li precetti et versi d’accomodare, dichiarandone la prosodia. Nella Retorica il Maestro darà argomenti di comporre versi, orazioni et simili, et procurerà che si eserciti l’alunno ne’ suoi esercitamenti. Nel che sarà carico del Superiore fare almeno due volte l’anno l’esame, et chi troverà a non aver fatto profitti lo castighi, e se vi fosse qualcuno inabile alle lettere se ne dii parte a’ signori Amministratori i quali lo manderanno fuori dal Collegio dando il luogo ad altri che via più si approfitterà. Nelle due scuole o classi superiori si parli sempre latinamente, et diasi il segno al contrafaciente, et sii dal suo Padre Maestro punito. Se sarà alcuno giudicato atto alla Filosofia non si possa promuovere senza dei signori Amministratori”.
Il capitolo “Delli sermoni et Orazioni” è il seguente: “Se in tutte le arti si richiede lungo esercizio, lo si richiede particolarmente nell’eloquenza, la cui perfezione proviene dallo stesso esercitarsi. In questo li Chierici et quelli fra gli altri che attendono allo studio delle lettere umane, soventi volte s’esercitano recitando sermoni et orazioni latine. S’avvertino però di non recitare cosa da loro stessi composta, se prima non la mostrino al Prefetto degli studi od al Padre loro Maestro. Se vi fosse alcuno che per la debolezza d’ingegno a difetto di memoria non potesse apprendere l’arte del bel dire, almeno abbracci questo, cioè facci qualche sermoncino, senza ornamento di parole e t fiore d’eloquenza, come se fosse all’altare, all’usanza de’ curati, col quale esercizio dia segno di sapere almeno ammaestrare lui popoli nella dottrina Vangelica; il che principalmente dovrà farsi da quelli che saranno più vicini all’età di dire la Messa”.